Concentratori di ossigeno: cosa sono e a cosa servono

Negli ultimi trenta anni sono stati fatti molti progressi nel settore delle apparecchiature medicali che vengono utilizzate sia in ambito ospedaliero, sia in ambito domestico.

Esempi di queste apparecchiature sono per esempio i sistemi di pressoterapia, gli apparecchi per aerosolterapia, i misuratori della pressione arteriosa, gli elettrostimolatori, gli strumenti per magnetoterapia, i dispositivi CPAP ecc.

Fra le tante apparecchiature disponibili si ricordano anche i concentratori di ossigeno, sofisticati dispositivi medici utilizzati per la somministrazione dell’ossigenoterapia, un trattamento terapeutico basato sulla somministrazione di ossigeno a soggetti affetti da condizioni patologiche caratterizzate da una riduzione eccessiva dei livelli di ossigeno nel sangue.

Queste apparecchiature vengono utilizzate sia in ambito ospedaliero sia per le terapie domiciliari. Le principali tipologie sono due: concentratori di ossigeno fissi e concentratori di ossigeno portatili. Questi ultimi sono particolarmente comodi perché di dimensioni più ridotte e, appunto, trasportabili così da risultare meno limitanti per i pazienti.

La tecnologia che sta alla base dei concentratori di ossigeno è nota come “adsorbimento dell’oscillazione di pressione”, un sofisticato processo di separazione di miscele gassose.

Concentratori di ossigeno: come funzionano

Il concentratore di ossigeno è un dispositivo che può estrarre l’ossigeno contenuto nell’aria dell’ambiente circostante e convogliarlo in un apposito serbatoio; da qui può essere somministrato al paziente.

L’ossigeno che viene prodotto dal concentratore viene inalato dal paziente grazie a una cannula o a un’apposita maschera per ossigenoterapia.

È compito del medico curante stabilire i livelli di concentrazione dell’ossigeno e le impostazioni di flusso, che possono subire a variazioni a seconda sia della situazione clinica del paziente, sia dalla situazione di attività di quest’ultimo ovvero a seconda che egli sia in condizioni di riposo, se stia dormendo o se sia sotto sforzo.

Molto spesso si ricorre a queste apparecchiature per la somministrazione della terapia in ambito domiciliare. In passato tali dispositivi erano per lo più fissi, mentre da diversi anni i pazienti hanno l’opportunità di utilizzare anche concentratori di ossigeno portatili, caratterizzati da dimensioni decisamente ridotte. Ciò consente loro di muoversi liberamente senza rinunciare a determinate attività e impegni quotidiani pur effettuando una terapia.

Quali condizioni richiedono l’utilizzo dei concentratori di ossigeno?

Le condizioni che possono richiedere l’utilizzo di un concentratore di ossigeno sono varie; alcune di queste sono a carattere cronico, mentre altre sono di tipo acuto. Nel primo caso il paziente deve sottoporsi alla terapia vita natural durante, mentre nel secondo caso per il periodo necessario per tornare a una condizione di normalità.

Tra le condizioni patologiche croniche che possono richiedere l’utilizzo di un concentratore di ossigeno si ricordano principalmente la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), una seria malattia respiratoria che tende a peggiorare con l’andare del tempo, l’insufficienza cardiaca grave, i disturbi respiratori correlati al sonno (per esempio la sindrome delle apnee ostruttive del sonno), la fibrosi cistica, l’enfisema polmonare, la cefalea a grappolo ecc.

Per quanto riguarda invece le patologie di tipo acuto, è possibile che si debba ricorrere a un concentratore di ossigeno nel caso di sindrome da distress respiratorio e displasia broncopolmonare (due condizioni che possono colpire i nati prematuri), polmonite di grado grave, attacchi gravi di asma, shock anafilattico ecc.